Il rugby entra in carcere, con le Pecore Nere

Il rugby entra in carcere, con le Pecore Nere

LIVORNO – Un bellissimo progetto di Rugby, le Pecore Nere, nato e cresciuto all’interno di un carcere toscano. 

Incontriamo Maurizio Berti, il coordinatore del progetto Pecore Nere, che ha portato il rugby oltre le sbarre del Carcere di Livorno e sta traghettando il progetto verso il Carcere di San Gimignano.

Chi sono le Pecore Nere?
Le Pecore Nere sono una squadra di Rugby Old formata da persone recluse nella sezione di Alta Sicurezza della Casa Circondariale “Le Sughere” di Livorno.

Come nasce il progetto?
Nasce quasi per gioco nel 2015, precisamente al “terzo tempo” dopo una partita, davanti a qualche birra, da tre amici, di cui due fratelli.
Dopo tanti anni di gioco volevano condividere i principi fondanti del rugby: il sostegno reciproco, il sacrificio, il rispetto delle regole e dell’avversario, la sportività e il coraggio nell’affrontare l’avversario, così come le difficoltà che la vita ci presenta.
Nel 2018 viene firmato a Roma tra la Federazione Rugby Italiana ed il Dipartimento  dell’Amministrazione Penitenziaria il protocollo d’intesa. Nel 2019, grazie allo sforzo dei componenti dello staff del progetto, della squadra Old  Cui Pisa Rugby , poi Rinocerotti  Lions Amaranto Livorno, in accordo con il movimento rugbistico toscano, le Pecore Nere entrano a far parte del CTO Campionato Old toscano.

Quanto tempo vi è necessario per i vostri allenamenti?
Normalmente ci alleniamo la domenica mattina dalle 9 alle 13 e, durante il campionato, abbiamo ottenuto dalla Direzione la possibilità di allenarci il mercoledì dalle 13.30 alle 15.00.

Quali difficoltà avete incontrato nel realizzare il progetto?
La prima difficoltà è stata tecnica, poiché i ragazzi non conoscevano questo sport: una palla ovale che ” rimbalza strana” e” va dove gli pare” era una cosa davvero bizzarra per loro.
Vale, a questo proposito, citare una frase simbolo che può concentrare tutto lo spirito di questo sport: “una palla rotonda te la restituisce anche un muro, la palla ovale solo un amico”.
Lo sport più praticato dai componenti del progetto era il calcio e insegnare le regole “tutte particolari” del rugby non è stato semplice, come non è stato semplice far capire il sostegno che deve essere fondamentale tra compagni di squadra, così come il rispetto delle regole (in campo, come nella vita) e delle decisioni dell’arbitro anche se sono errate:
L’altra difficoltà è stata nel reperire persone che, dopo una settimana di lavoro e allenamenti della squadra di appartenenza, trovassero il tempo da dedicare alle Pecore Nere. Non da meno, dato il contesto completamente volontario, è stato difficile reperire fondi per comprare il materiale tecnico come palloni, conetti paradenti e altre protezioni magliette da gioco ecc.
Almeno nei primi tempi non è stato facile instaurare un rapporto di fiducia con l’Amministrazione, poi, grazie a un Direttore curioso del nostro progetto, a uno staff di educatrici molto volenterose  e propositive e alla lungimiranza della Polizia Penitenziaria, siamo riusciti a essere uno dei progetti cardini della Casa Circondariale Le Sughere  di Livorno.

Quali sinergie avete costruito nel tempo?
La sinergia più importante è nell’avere coinvolto, in maniera costruttiva, tutte le squadre Old Rugby del campionato toscano nel progetto.
Grazie a loro abbiamo avuto davvero grandi risultati e possiamo iniziare un progetto gemello presso il Carcere di San Gimignano.

Qual è il più grande traguardo raggiunto a sfida vinta, a livello personale e sportivo?
Bella domanda, devo prima fare una precisazione, uno dei tre ragazzacci che diedero il via al progetto davanti ad una pinta di birra, Manrico Soriani, ha passato la palla nel 2020 e dopo la sua scomparsa molte cose stavano per cambiare: per la passione del rugby e per tenere vivo il ricordo di “Chico” abbiamo tenuto duro e proseguito il nostro cammino. Quindi per noi continuare il progetto è stato uno dei traguardi importanti, non da meno di altre soddisfazioni sportive: nel 2020 le Pecore Nere erano in testa al campionato e solo il Covid ci fermò interrompendo la competizione.
Un’altra soddisfazione è stata vedere un ragazzo uscire dal carcere, dopo aver scontato molti anni di detenzione e iscriversi a una squadra di rugby.
Con la collaborazione dell’Amministrazione Penitenziaria siamo riusciti a portare a Napoli, nel torneo di rugby chiamato “Repubbliche Marinare Rugby” tre giocatori delle Pecore Nere, di cui uno in regime di semilibertà.
Vederli calpestare un “vero “campo da gioco è stato emozionante per noi, come lo è stato per loro riunirsi dopo tanto tempo.
Il momento più bello è stato vedere uno di loro realizzare una meta, una meta carica di significati.
Comunque, sapere che nel nostro piccolo ogni domenica sul campo portiamo un poco di gioia e di normalità, è molto appagante.
Personalmente, mantenere in vita il progetto, con tutte le difficoltà organizzative, per me è un traguardo fantastico, come essere chiamato direttamente dalla Direttrice del Carcere di San Gimignano per chiedermi di riuscire a far partire un altro progetto.

Puoi raccontarci la storia di una Pecora Nera particolarmente inspiring?
Con molto piacere, oltre al rugby abbiamo organizzato dei corsi per allenatori e per arbitri. Un ragazzo, per noi toscani sono tutti ragazzi e ragazze anche a 60 anni, ha superato il corso e ha iniziato ad arbitrare le partite di allenamento in carcere. Con l’aiuto della Federazione Arbitri Rugby toscana, lo staff del Direttore e delle educatrici, una volta raggiunto il traguardo della semi libertà, Tommy (nome di fantasia) ha potuto arbitrare una partita di rugby categoria under 12.
Ora è fuori, nella sua terra, e sta lavorando in una cooperativa: stiamo cercando di farlo inserire per la prossima stagione nel circuito degli arbitraggi per le categorie di piccoli e giovani.
Come arbitro hai regole da far rispettare, e questo è, ovviamente, in contrapposizione rispetto alla sua vita passata: per questo, mi sembra davvero una bella storia!
Con il nostro piccolo impegno, vogliamo credere che, nelle poche ore, che stiamo all’interno del carcere, i detenuti possano avere un momento di serenità.

Come sostenete il progetto Pecore Nere e Haka?
⁠I nostri progetti, sia quello di Livorno che quello di San Gimignano, vengono sostenuti da fantastici volontari che dedicano un po’ del loro prezioso tempo libero, talvolta sottraendolo alla famiglia, per gli allenamenti e le partite.
Per l’abbigliamento e il materiale tecnico, fino ad ora ci arrangiavamo con qualche piccolo sponsor locale.
Nel 2023 abbiamo partecipato ed ottenuto un progetto di Sport e Salute e questo ci porterà un po’ di finanziamenti per adeguare anche le attrezzature ormai necessarie come ad es. un defibrillatore .

Quali sono, infine, i prossimi sviluppi o direzioni?
Sicuramente mantenere in vita il progetto Pecore Nere a Livorno e partire con il progetto Haka a San Gimignano. E, personalmente, esportare e condividere la nostra esperienza, come sto facendo ora con te, è un bellissimo obiettivo.

Alessandra MR D'Agostino

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