BOLOGNA – Classici del cinema che ritrovano il grande schermo, capolavori senza tempo che tornano ad essere prime visioni. Oggi, vi raccontiamo di una kermesse arrivata alla 33′ edizione, capace di farci rivivere le emozioni, il divertimento, la bellezza, il piacere e il brivido del grande schermo d’altri tempi.
Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna e grandissimo animatore de Il Cinema Ritrovato, ha saputo sviluppare al meglio questa meravigliosa rassegna nata a metà degli anni Ottanta da un’intuizione geniale di Vittorio Boarini e Giampaolo Testa. La particolarità del Cinema Ritrovato sta essenzialmente nel fatto di riuscire a far vedere, non solo a un pubblico di addetti ai lavori (anche se sono la maggior parte) delle opere anche inedite della storia del cinema, ma anche film che, restaurati in modo perfetto, assumono una dimensione quasi innovativa rispetto alle precedenti edizioni, come se li si vedesse per la prima volta.
L’edizione di quest’anno de Il Cinema Ritrovato ha puntato gli occhi su un grande attore come Jean Gabin, una superstar del cinema muto francese come Musidora, un’escursione sulla ricerca del colore dei film e un focus particolare sul cinema sud coreano. Un aspetto particolarmente interessante è stata l’esplorazione sul periodo del cinema americano dagli anni Trenta agli anni Cinquanta, attraverso la sezione dedicata alle riscoperte della Fox Film Corporation e su registi come Henry King e Felix E. Feist.
IL FOCUS SU REFN
Una rarità veramente straordinaria è stata la presentazione da parte di un regista cult americano, Nicolas Winding Refn, di “Spring night, summer night” (USA, 1967) regia di Joseph L. Anderson, film mai distribuito in Italia. Refn considera questo film un capolavoro del periodo e in effetti non ha tutti i torti. Dato l’anno di produzione potremmo, per certi versi, considerare quest’opera una specie di nouvelle vague americana abbracciata da un lato da un certo tipo di neorealismo e dall’altro da riferimenti all’espressionismo tedesco. L’ambiente sia umano, sia urbano, è particolarmente degradato e per certi aspetti rimanda anche a certe tendenze del cinema americano che, nelle espressioni più alte, sono arrivate a produrre film horror come “Le colline hanno gli occhi” e “Non aprite quella porta”. L’opera è attraversata da un perfetto bianco e nero che rende ancora più reale la torbida vicenda di amore tra il personaggio e la sua sorellastra. La provincia americana ne esce così con la sua grandezza ma contemporaneamente con le sue inquietudini e le sue dimensioni tragiche.
LA MAGIA DI GREGORY PECK IN CIELO DI FUOCO
“Cielo di fuoco” (USA, 1949) è un film di Henry King tutto dedicato ai bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. L’aspetto quasi anomalo è nel fatto che pur durando più di due ore, contiene una sola scena di guerra con bombardamenti. Tutta la sceneggiatura, efficacissima, è incentrata sui rapporti di potere e di gerarchia attraverso l’organizzazione dell’aeronautica militare. Uno straordinario Gregory Peck ci guida nei meandri di una burocrazia militare che fa emergere però tutti gli aspetti più umani dei piloti di guerra, contenendo anche raffinatissimi momenti tra la suspence e il thriller.
La storia prosegue con un crescendo che tiene lo spettatore inchiodato alla poltrona. Henry King si è distinto però in questa edizione del Cinema Ritrovato anche per lo straordinario “Jesse James” interpretato da un cast di attori da Oscar da Tyrone Power a Henry Fonda, da Randolph Scott a John Carradine. Avrebbero potuto intitolarlo: “La vera storia del bandito Jesse James contro l’arroganza del mostro d’acciaio”, ossia la ferrovia, che attraversò gli Stati Uniti d’America da est a ovest espropriando terreni, case e allevamenti a prezzi veramente irrisori.
IL CINEMA RITROVATO: I CULT AMERICANI DEGLI ANNI 50′-60′
Per completare il viaggio parlerò de “La guerra dei mondi” del 1953 di Byron Haskin, tratto dal famoso racconto di H. G. Wells, fantastica opera che esce dal tradizionale film di fantascienza. L’apertura con la voce fuori campo che individua i motivi per cui i marziani non possono invadere gli altri pianeti se non la terra è un pezzo di cinema quasi “giallo”. Tutta la vicenda che si svolge nella guerra tra i terrestri e i marziani invasori è veramente suggestiva ed avvincente e il finale, affidato al miracolo divino, tramite preghiera di tutti i fedeli, è veramente sorprendente.
Altro “cult” del cinema americano degli anni Sessanta è “La maschera della morte rossa” (USA, 1964) di Roger Corman, tratto dai racconti di Edgar Allan Poe. Una straordinaria interpretazione di Vincent Price nella parte del crudelissimo principe Prospero. Il film porta la firma alla fotografia di Nicolas Roeg, che sarebbe poi diventato regista de “L’uomo che cadde sulla Terra” (1976) interpretato da David Bowie.
CONCLUSIONI FINALI
Un’edizione, quindi, piena di gioielli della storia del cinema.
Una piccola riflessione finale: sono stati proiettati oltre 400 film, di diversa durata. Sarebbe meglio in futuro, magari, ridurre l’ampia e ricca offerta per favorire maggiormente la visione di alcuni titoli più volte durante il periodo del festival, oppure riprenderli in seguito attraverso la programmazione delle sale del cinema Lumière.
Federico Grilli
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Sono d’accordo con quello che scrivi. Il cinema ritrovato fu una idea di cultura del cinema azzeccatisimma, oggi ancora più importante dal momento che gli standard visivi tra le giovani generazioni sono cambiati. Riavvicinarli al fascino del grande schermo farà solo del bene a loro e al cinema. Hai ragione anche là dove scrivi che 400 proiezioni sono eccessive. Si trasmette l’idea di una manifestazione supermercato fatta per visioni compulsive.
Il “cinema ritrovato” è diventato un appuntamento annuale irrinunciabile. Dov’altro potrei gustami Pepe le Moko?
Hai ragione, 400 proiezioni sono troppe e si rischia di fare un festival nazional popolare e il cinema, benché debba essere sempre promosso e divulgato il più possibile a tutte le fasce culturali, è e deve rimanere Cultura con la C maiuscola
Per me è una bellissima rassegna di film. Tutti possono trovare un titolo o un genere che li motivi a fruire il cinema nei modo più vicino allo spirito delle origini. Questo è l’importante.
Bologna deve essere grata alla sua Cineteca, unica nel suo genere. Il Cinema ritrovato è un grande messaggio per ricordare a tutti cosa è stato e cosa può essere ancora il grande cinema.